Bottin Urbano l’anima coraggiosa nella trincea

La passione per la storia e gli eventi locali raccontati attraverso la fotografia e la videocreatività

Bottin Urbano l’anima coraggiosa nella trincea

Il mio bisnonno Bottin Urbano in giovane età

Sono sempre stato legato al mio caro bisnonno Urbano Bottin sin dalla tenera età, la sua figura paterna rappresentava per me un mito, mi dava sicurezza e dolcezza. Lui mi chiamava sempre il suo “picenin”, e aveva sempre un occhio di riguardo nei miei confronti, anche perché non ho mai conosciuto i miei nonni, paterni e materni.

Oggi per me sarà un onore poter raccontare, se pur con pochi elementi a disposizione, la vita il coraggio ed il sacrificio di un valoroso combattente della Prima Guerra Mondiale.

Era un uomo alto, buono ed umile che mi voleva molto bene. Qui in paese era molto conosciuto per la sua umiltà e cristianità, faceva parte di una comunità che oggigiorno rimane solo nei ricordi.

Lavorava come maniscalco, ma il buon Riccardo Cappellozza, barcàro di Battaglia Terme, mi disse che nella storia della navigazione interna era menzionato anche come cariolante, figura lavorativa che utilizzava la carriola per caricare o scaricare le barche.

Nato il 2 aprile del 1884, si sposò il 15 febbraio del 1906 con Tomasin Regina, la mia bisnonna che io non ho mai conosciuto, e che dal racconto di mia nonna Maria faceva la lavandaia presso i Conti Emo.

Come tanti ragazzi della sua classe e battagliesi di origine, venne arruolato nel 1904 e fu chiamato alle armi e trasferito nel tempo ai seguenti reparti:

La foto della medaglia a lato è quella Commemorativa della Guerra Italo-Austriaca coniata nel Bronzo Nemico, ed è quella originale che venne consegnata a mio bisnonno come riconoscimento concesso dal Regno d’Italia a tutti coloro che avevano partecipato alla Prima guerra mondiale.

Tra fango e fuoco, la storia di un eroe silenzioso

IL MITRAGLIERE NELLA TRINCEA


Bottin Urbano, nato nel 1884, era un uomo di statura alta, e per i tempi era quasi un’eccezione. Aveva gli occhi che brillavano di determinazione. La sua storia inizia quando, relativamente giovane e pieno di speranze, venne arruolato nell’esercito italiano. La fanteria in quel periodo fu la sua casa, e la trincea il suo campo di battaglia.

LA TRINCEA

La trincea, quel labirinto di fango e pietre, era il luogo in cui la vita e la morte danzavano una danza crudele. Urbano vi si immerse, con il cuore in gola e il fucile stretto tra le mani. Il fango si insinuava nelle sue scarpe, e il freddo penetrava nelle ossa. Ma lui resisteva, come tutti i suoi compagni d’armi.

IL MITRAGLIERE

Bottin Urbano aveva una missione: difendere la trincea a ogni costo. Era un mitragliere, il cuore pulsante della squadra. La sua mitragliatrice, pesante e rumorosa, diventò un’estensione del suo corpo. Sparava contro l’assalto nemico, le pallottole fendevano l’aria, e il suo cuore batteva all’unisono con il ritmo delle raffiche.

LE NOTTI SENZA SONNO

Le notti erano le peggiori. Il tuono dei cannoni, il frastuono delle esplosioni, il terrore che stringeva la gola. Il mio bisnonno come i suoi compagni scrutavano il buio, gli occhi affaticati, mentre il nemico avanzava. Le stelle sembravano lontane, e la luna, pallida e indifferente, vegliava su di loro. La vita nella trincea era dura e miserabile. Questi ragazzi dovevano affrontare il fuoco nemico, le esplosioni, il fango, il freddo, la fame, le malattie, i topi, i pidocchi, i cadaveri.

GLI AFFETTI

Urbano aveva anche una famiglia che lo aspettava a casa, la moglie Regina, i figli. Ogni tanto, riceveva una lettera da loro, che gli portava un po’ di gioia e di conforto. Il mio bisnonno quando le pause in trincea lo concedevano rispondeva sempre, scrivendo con amore e con speranza. Gli diceva che stava bene, che era fiero di fare il suo dovere, che sarebbe tornato presto. Gli mandava anche una foto che si era fatto scattare nella trincea, in cui sorrideva con la sua mitragliatrice. Era un modo per farli sentire vicini, per farli sognare.

LE PAUSE IN TRINCEA

Questi momenti erano rari e preziosi, in cui i soldati potevano scambiarsi qualche parola, fumare una sigaretta, condividere il cibo o il vino, raccontarsi le loro storie, le loro speranze, le loro paure. Erano momenti di umanità e solidarietà, in cui i soldati si sentivano meno soli e più forti.

Congedo della prima guerra mondiale Regio Esercito Italiano di Bottin Urbano

IL CONGEDO

Il 15 agosto 1919, dopo questa lunga ed interminabile guerra, mio bisnonno ricevette il suo congedo. Le mani sporche di fango, il cuore pesante di ricordi, lasciò la trincea. Guardò indietro una sola volta, verso quei compagni che non avevano avuto la sua stessa fortuna. La libertà lo abbracciò, ma il peso della guerra non lo avrebbe mai lasciato.

Avevo solo 6 anni quando lui morì, era il 1966, e ricordo che piansi ininterrottamente per ore, per me fu una persona di famiglia molto importante.


La storia raccontata di mio bisnonno Urbano, se pur in parte di fantasia per la parte fotografica, è un tributo a tutti coloro che hanno combattuto e sofferto durante quegli anni oscuri. Tutti questi giovani ragazzi di qualsiasi nazionalità hanno combattuto per ideali di libertà e democrazia, quella che noi oggi stiamo ancora godendo.

Il loro spirito di sacrificio deve ancora rivivere nei nostri ricordi, e le loro coraggiose storie meritano di essere raccontate.

I Battagliensi nella Grande Guerra

 

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